l’isola di Thera e lo zafferano nel 1628 a.C.

Akrotiri
Akrotiri • Una città minoica

Akrotiri era un’antica città portuale risalente all’Età del Bronzo situata a sud nell’antica isola di Thera, oggi Santorini. Distrutta e sepolta dall’eruzione del vulcano di Santorini nel 1628 a.C., è tornata alla luce nel 1967 grazie agli scavi voluti dall’archeologo Spyridon Marinatos. Proprio a causa del deposito delle ceneri vulcaniche sulla città si sono conservati edifici, affreschi e ceramiche, motivo per cui viene anche chiamata la “Pompei dell’Egeo”. Secondo alcuni studiosi di varie epoche è stata interpretata come la città di Atlantide, protagonista del celebre mito di Platone.

Nella parte sud dell’isola di Santorini, nel mar Egeo, è situato il moderno paese di Akrotiri, il cui nome significa promontorio.

Le antiche rovine di Akrotiri furono scoperte nel 1860 dai lavoratori delle cave di roccia vulcanica per il Canale di Suez, ma gli scavi su larga scala non ebbero inizio prima del 1967. L’archeologo greco Spyridon Marinatos per primo decise di scavare in quell’area per corroborare l’ipotesi secondo la quale l’antica civiltà minoica di Creta sarebbe stata distrutta dall’esplosione vulcanica di Thera del 1628 a.C.

Sono stati riportati alla luce 40 edifici, ma solo alcuni di questi hanno attirato l’attenzione degli archeologi. Il sito archeologico ha fornito molto materiale pittorico, sia interamente conservato che in frammenti.

Raccoglitrici di Croco
Raccoglitrici di Croco

La casa Xestè 3 è stata studiata a fondo, risale al secondo millennio a.c e si pensa che fosse un edificio pubblico per funzioni cultuali a causa della grande quantità di affreschi. Al piano superiore, sulla parete orientale, due figure femminili sono intente alla raccolta del croco, o zafferano, momento in cui le donne si allontanano dalla comunità durante la festa stagionale della dea. _DSC8003Il croco veniva usato anche come analgesico contro i dolori mestruali. Secondo Suzanne Amigues gli affreschi rappresenterebbero una festività primaverile nella quale si ringrazia la dea per il dono della pianta con tutte le sue molteplici proprietà, anche farmaceutiche. Secondo la ricostruzione di Ferrence e Benderski, la divinità rappresentata sarebbe quindi una dea della salute e la Xesté 3 una sorta di luogo di terapie, di clinica al femminile. storiaLa scena continua nella parete settentrionale, in cui un’altra giovane donna compie la stessa operazione. In questo settore, dopo la parziale interruzione della finestra, vi è la scena principale: un’imponente figura femminile in trono, alle cui spalle è un grifone rampante, accoglie l’offerta del croco fatta da una scimmia, mentre un’altra fanciulla getta il contenuto di stimmi del suo cesto in un contenitore più grande, ai piedi dell’animale. affrescoNella parete a sud invece sono rappresentate altre figure femminili, di età più matura rispetto alle prime. In entrambi i piani le scene si svolgono sullo sfondo di un paesaggio astratto,fatto di rocce e ciuffi di croco. Una possibile ipotesi su almeno alcuni dei rituali che si svolgevano nella Xesté 3 è che in quell’edificio le donne imparassero o dovessero dimostrare ritualmente di avere imparato, attraverso dei gesti simbolici come il triturare e il conservare, le proprietà terapeutiche del croco per la cura dei loro malanni. Vi sono stati ritrovati alcuni vasi interi, brocche, coppe, giare, anfore, pithoi , un’olla con dipinta una rondine, diverse lampade in terracotta, oggetti che differenziano la Xestè 3 dagli altri edifici.

fonte: Wikipedia