•Lasciate in infusione lo zafferano in un bicchierino di acqua tiepida per almeno 3 ore. Per esaltare il sapore della spezia si consiglia di sminuzzare i pistilli.
•Lavate e spellate il baccalà, eliminate eventuali spine; tagliatelo a pezzi non troppo piccoli e passateli nella farina eliminando quella in eccesso.
Al via la raccolta dello zafferano nel territorio di Caprarola.…continua a leggere
Dopo un lungo e faticoso lavoro, finalmente spunta il primo fiore! La semina, terminata ad agosto, è ancora vicina ma gia sbocciano i primi fiori.
•Lasciate in infusione lo zafferano in un bicchierino di acqua tiepida per almeno 3 ore.
•Lavate bene le vongole sotto l’acqua corrente, mettetele in una larga padella con un mestolo d’acqua e fatele aprire a calore moderato. Man mano, togliete dal fuoco quelle che si aprono e sgusciatele, tenendone alcune nelle conchiglie per la decorazione finale. Conservate l’acqua delle vongole in una tazza.
In questo periodo si procede con la raccolta dei bulbi.
In primavera le foglie si seccano e apparentemente la pianta sembra morire, in realtà nasce il nuovo ciclo dello zafferano. Sotto il terreno ora ci sono molti più bulbi di quelli che si sono messi a dimora l’anno scorso.
Gli stigmi dello zafferano contengono oltre 150 sostanze aromatiche volatili, componenti il suo olio essenziale. Inoltre è uno degli alimenti più ricchi di carotenoidi (crocetina, α-crocina, picrocrocina e safranale) che conferiscono il tipico colore giallo-oro alle pietanze, e vitamine A, B1 (tiamina) e B2 (riboflavina).
La prima fase ovvero la preparazione del terreno è quella più importante per ottenere un prodotto di qualità. Il periodo migliore è gennaio/febbraio ma quest’anno abbiamo ritardato un po!
Akrotiri era un’antica città portuale risalente all’Età del Bronzo situata a sud nell’antica isola di Thera, oggi Santorini. Distrutta e sepolta dall’eruzione del vulcano di Santorini nel 1628 a.C., è tornata alla luce nel 1967 grazie agli scavi voluti dall’archeologo Spyridon Marinatos. Proprio a causa del deposito delle ceneri vulcaniche sulla città si sono conservati edifici, affreschi e ceramiche, motivo per cui viene anche chiamata la “Pompei dell’Egeo”. Secondo alcuni studiosi di varie epoche è stata interpretata come la città di Atlantide, protagonista del celebre mito di Platone.
La pianta dello zafferano si adatta molto bene ai climi caratterizzati da piovosità media non molto alta (300-400 mm annui), tipica della Spagna e della Grecia. Tollera anche climi più piovosi, come in Kashmir, dove l’indice di piovosità è molto intenso (1500–2000 mm annui).
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Se proviamo a cercare su Google ricette con lo zafferano ne usciranno migliaia, partendo dal tradizionale risotto, passando per la pasta, carne e pesce, salse, formaggio, liquori, senza dimenticare il gelato e i meravigliosi dolci.
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La storia dello zafferano è così antica che precede la Bibbia. I suoi usi sono stati molteplici, nella storia. Considerato come afrodisiaco dai persiani e nella mitologia greca, antichi Egizi, indiani, arabi, greci, romani lo usavano in unguenti e profumi, i Fenici lo commerciavano a peso d’oro e un antico scriba prescriveva di scioglierlo con lo stagno per “stenderlo col pennello sui punti da dorare”.
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In origine il territorio della Tuscia, oggi corrispondente alla provincia di Viterbo, era compreso nell’ Etruria ed abitato dagli Etruschi. Identificata fin dal tempo dell’ imperatore Diocleziano, con il nome letterario e turistico di Tuscia Viterbese, situata nel cuore dell’ Italia, si estende per uno spazio di circa 3612 Kmq raccolti in 60 comuni, ricchi di storia, bellezze naturali, artistiche e culturali.
